L'accoglienza in famiglia come strumento di autonomia

Qualche momento dell'apertura dell'incontro di oggi: L'accoglienza in famiglia di rifugiati come strumento di autonomia, il seminario residenziale che permetterà a una trentina di persone, fra famiglie ospitanti, rifugiati ospiti, opertori e ricercatori una riflessione articolata ed un confronto fra le loro esperienze di accoglienza. Perchè si apre la propria casa a uno straniero, un immigrato, una persona che non si conosce e che entrerà nella propria intimità?

  • Perché poteva essere un insegnamento per i nostri bambini
  • Perché devo tenere due camere vuote dal momento che i miei figli, ormai grandi, vivono con le loro famiglie?
  • L'abbiamo fatto per dare un momento di respiro al suo percorso faticoso, per il desiderio di accompagnarlo un po'
  • Per portare una ricchezza nella nostra famiglia
  • Desideravamo fornire uno spazio in cui la persona accolta poteva riposarsi e trovare una ripartenza
  • In casa si è creata un'alleanza educativa, i nostri figli fanno ora cose che prima non facevano, danno più valore e più senso a certi gesti
  • Me l'ha proposto mia sorella, all'inizio ero titubante, ma ora, tutte quelle paure che avevo all'inizio non le avrei più
  • E' una esperienza molto bella! Lui si sente in famiglia, ha nostalgia della sua, e quando c'è da lavorare è sempre disponibile, non si tira mai indietro

Sono le risposte che hanno dato alcune famiglie alla domanda: "Perché avete deciso di aderire alla proposta di accogliere un rifugiato per sei mesi in casa vostra?"

"Ci vuole cuore esperienza e mani per fare accoglienza in famiglia" (Cristina De Luca)

E, come spiega Marco Polo al Khan (Le città invisibili di Calvino), che gli dice: "Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente", "L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."

Introduzione al Seminario sul tema dell'autonomia

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